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Perchè’ Alcune, ma non tutte, Lampade a Catodo Freddo non funzionano?

March 20, 2013
by admin
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Lo studio è stato interpellato per redigere una relazione tecnica in merito al mancato funzionamento di alcune lampade fluorescenti a catodo freddo installate per l’illuminazione esterna a vetri di un edificio con fronte su strada.
Relazione tecnica
Facendo funzionare le lampade smontate dall’impianto a una corrente
di 100 mA (corrente da considerarsi nominale per la dimensione degli
elettrodi) si manifesta un notevole surriscaldamento (160°C sulla
parete del vetro, misura con infrarosso) in prossimità dell’elettrodo. Si
può dunque ipotizzare che la temperatura dell’elettrodo all’interno del
tubo di scarica arrivi fino a 230°C. Di norma gli elettrodi a catodo
freddo funzionano a temperature nell’ordine dei 150°C (cilindretto
metallico), mentre in prossimità del vetro che li riveste si arriva a
90°C.
L’origine di questa disfunzione può avere due cause:

1. gli elettrodi si sono danneggiati del tutto o parzialmente durante la fase di bombardamento e vuotatura. Ciò significa che hanno funzionato come degli elettrodi non attivati e quindi non idonei a sopportare la corrente nominale.

2. gli elettrodi hanno avuto una massa attivante insufficiente in
origine.
Le due cause potrebbero anche coesistere. Il deterioramento della massa attivante si accompagna a un fenomeno di “sputtering” che provoca – in prossimità dell’elettrodo – una deposizione metallica (ferro, nichel, mercurio) sulla parete interna del vetro.
Lo “sputter” e si presenta come un punto o un anello nero proprio
davanti all’elettrodo o in altre parti del vetro prospiciente l’elettrodo stesso. Si tratta di un’emissione di particelle metalliche “sparate” dalla cartuccia che costituisce l’elettrodo. Durante la vita del tubo tale annerimento può avanzare verso la parte centrale del tubo estendendosi fino a 5÷8 cm dall’elettrodo, ma può anche retrocedere verso l’estremità chiusa, annerendo tutto il vetro soprastante la cartuccia.
Il bordo della zona scura è normalmente ben delimitato. Lo “sputter” può avvenire sia durante, sia dopo il bombardamento; nel
primo caso è dovuto a un eccesso di bombardamento (elettrodi troppo
caldi, tempo troppo prolungato, pressione troppo bassa, corrente
eccessiva). Qualora si presentasse dopo il bombardamento, ferme
restando le cause appena citate, ve ne possono essere di ulteriori:
bassa pressione di riempimento; corrente di lampada troppo alta,
oltre i valori nominali; uso di elettrodi non trattati o con inadeguata
emissione di ioni dei metalli di rivestimento. Se può essere
considerato normale riscontrare lo “sputter” in tubi che hanno
funzionato per migliaia di ore, non lo è per i tubi nuovi, se ben
realizzati. Per quanto concerne le lampade nuove si è proceduto ad accenderle per circa mezz’ora alla corrente nominale. Durante questo periodo non hanno mostrato anomalie di funzionamento.
Rialimentate dopo 24 ore, non si sono più accese, nemmeno
applicando una tensione superiore a quella nominale. Ciò si può
spiegare con il fatto che il breve periodo di funzionamento è stato
sufficiente per modificare il gas contenuto all’interno, a tal punto che la resistenza interna ha assunto valori talmente elevati da non consentirne più l’innesco.
Per dare una spiegazione a questo fenomeno si possono formulare
due ipotesi:

1. è penetrata aria dall’esterno, in conseguenza di una fessurazione
del tubo di vetro.

2. il breve periodo di funzionamento ha innescato un processo che
ha sviluppato composti inquinanti. Tale processo deve essere
continuato anche dopo lo spegnimento al punto da impedire la
successiva riaccensione.

Un controllo effettuato con bobina di Tesla sul tubo e con cercafughe a Elio in prossimità della saldatura tra il vetro dell’elettrodo e il tubo polverato ha permesso di escludere l’ipotesi 1). Appare dunque evidente che il processo di attivazione degli elettrodi e vuotatura (che precede l’introduzione dei gas rari) non ha conseguito
l’obiettivo voluto, ovvero far degassare ed estrarre i materiali – in particolare l’umidità – che impediscono il regolare funzionamento della lampada. La presenza d’idrogeno proveniente dalla scissione dell’acqua nel plasma provoca una moltiplicazione della tensione d’innesco della lampada. L’umidità non rimossa è rimasta assorbita tra lo strato di polveri fluorescenti e il vetro. La temporanea accensione della lampada ha innescato il processo che ha liberato l’umidità e sviluppato idrogeno.

Conclusioni
Le osservazioni fatte sulle lampade smontate dall’impianto e sulle
lampade nuove sono tra loro coerenti. Le prime hanno funzionato
abbastanza a lungo da liberare l’umidità ma anche da fissare
chimicamente i componenti (rendendoli inerti e non più disponibili
allo stato gassoso) con il materiale degli elettrodi. Ciò ha anche
contribuito all’inquinamento della massa attivante degli elettrodi e conseguentemente alla generazione del fenomeno di “sputtering”. Lo “sputtering” assorbe i gas rari e questo dà origine a un processo degenerativo che conduce alla mortalità prematura delle lampade. In aggiunta, un processo di attivazione degli elettrodi (bombardamento) non corretto può portare al deterioramento della massa attivante degli elettrodi senza peraltro far raggiungere al vetro la temperatura necessaria per un completo degassamento.
Tutto ciò premesso, il funzionamento anomalo dei tubi fluorescenti a catodo freddo è da ritenersi esclusivamente imputabile a difetti di costruzione degli stessi, e più precisamente all’esecuzione non
corretta delle fasi che precedono la sigillatura delle lampade
(attivazione elettrodi e vuotatura).

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