Perche’ alcune, ma non tutte, lampade a catodo freddo non funzionano?

Lo studio è stato interpellato per redigere una relazione tecnica in merito al mancato funzionamento di alcune lampade fluorescenti a catodo freddo installate per l’illuminazione esterna a vetri di un edificio con fronte su strada.

Relazione tecnica
Facendo funzionare le lampade smontate dall’impianto a una correntedi 100 m A (corrente da considerarsi nominale per la dimensione degli elettrodi) si manifesta un notevole surriscaldamento (160°C sulla parete del vetro, misura con infrarosso) in prossimità dell’elettrodo. Si può dunque ipotizzare che la temperatura dell’elettrodo all’interno del tubo di scarica arrivi fino a 230°C. Di norma gli elettrodi a catodo freddo funzionano a temperature nell’ordine dei 150°C cilindretto metallico), mentre in prossimità del vetro che li riveste si arriva a 90°C.
L’origine di questa disfunzione può avere due cause:

1. gli elettrodi si sono danneggiati del tutto o parzialmente durante la fase di bombardamento e vuotatura. Ciò significa che hanno funzionato come degli elettrodi non attivati e quindi non idonei a sopportare la corrente nominale.

2. gli elettrodi hanno avuto una massa attivante insufficiente in origine.

Le due cause potrebbero anche coesistere. Il deterioramento della massa attivante si accompagna a un fenomeno di “sputtering” che provoca – in prossimità dell’elettrodo – una deposizione metallica (ferro, nichel, mercurio) sulla parete interna del vetro.
Lo “sputter” e si presenta come un punto o un anello nero proprio davanti all’elettrodo o in altre parti del vetro prospiciente l’elettrodo stesso. Si tratta di un’emissione di particelle metalliche “sparate” dalla cartuccia che costituisce l’elettrodo. Durante la vita del tubo tale annerimento può avanzare verso la parte centrale del tubo estendendosi fino a 5÷8 cm dall’elettrodo, ma può anche retrocedere verso l’estremità chiusa, annerendo tutto il vetro soprastante la cartuccia.
Il bordo della zona scura è normalmente ben delimitato. Lo “sputter” può avvenire sia durante, sia dopo il bombardamento; nel primo caso è dovuto a un eccesso di bombardamento (elettrodi troppo caldi, tempo troppo prolungato, pressione troppo bassa, corrente eccessiva). Qualora si presentasse dopo il bombardamento, ferme restando le cause appena citate, ve ne possono essere di ulteriori: bassa pressione di riempimento; corrente di lampada troppo alta, oltre i valori nominali; uso di elettrodi non trattati o con inadeguata emissione di ioni dei metalli di rivestimento. Se può essere considerato normale riscontrare lo “sputter” in tubi che hanno funzionato per migliaia di ore, non lo è per i tubi nuovi, se ben realizzati. Per quanto concerne le lampade nuove si è proceduto ad accenderle per circa mezz’ora alla corrente nominale. Durante questo periodo non hanno mostrato anomalie di funzionamento.
Rialimentate dopo 24 ore, non si sono più accese, nemmeno applicando una tensione superiore a quella nominale. Ciò si può spiegare con il fatto che il breve periodo di funzionamento è stato sufficiente per modificare il gas contenuto all’interno, a tal punto che la resistenza interna ha assunto valori talmente elevati da non consentirne più l’innesco.
Per dare una spiegazione a questo fenomeno si possono formulare due ipotesi:

1. è penetrata aria dall’esterno, in conseguenza di una fessurazione del tubo di vetro.

2. il breve periodo di funzionamento ha innescato un processo che ha sviluppato composti inquinanti. Tale processo deve essere continuato anche dopo lo spegnimento al punto da impedire la successiva riaccensione.

Un controllo effettuato con bobina di Tesla sul tubo e con cercafughe a Elio in prossimità della saldatura tra il vetro dell’elettrodo e il tubo polverato ha permesso di escludere l’ipotesi 1). Appare dunque evidente che il processo di attivazione degli elettrodi e vuotatura (che precede l’introduzione dei gas rari) non ha conseguito
l’obiettivo voluto, ovvero far degassare ed estrarre i materiali – in particolare l’umidità – che impediscono il regolare funzionamento della lampada. La presenza d’idrogeno proveniente dalla scissione dell’acqua nel plasma provoca una moltiplicazione della tensione d’innesco della lampada. L’umidità non rimossa è rimasta assorbita tra lo strato di polveri fluorescenti e il vetro. La temporanea accensione della lampada ha innescato il processo che ha liberato l’umidità e sviluppato idrogeno.

Conclusioni
Le osservazioni fatte sulle lampade smontate dall’impianto e sulle lampade nuove sono tra loro coerenti. Le prime hanno funzionato abbastanza a lungo da liberare l’umidità ma anche da fissare chimicamente i componenti (rendendoli inerti e non più disponibili allo stato gassoso) con il materiale degli elettrodi. Ciò ha anche
contribuito all’inquinamento della massa attivante degli elettrodi e conseguentemente alla generazione del fenomeno di “sputtering”. Lo “sputtering” assorbe i gas rari e questo dà origine a un processo degenerativo che conduce alla mortalità prematura delle lampade. In aggiunta, un processo di attivazione degli elettrodi (bombardamento) non corretto può portare al deterioramento della massa attivante degli elettrodi senza peraltro far raggiungere al vetro la temperatura necessaria per un completo degassamento.
Tutto ciò premesso, il funzionamento anomalo dei tubi fluorescenti a catodo freddo è da ritenersi esclusivamente imputabile a difetti di costruzione degli stessi, e più precisamente all’esecuzione non corretta delle fasi che precedono la sigillatura delle lampade (attivazione elettrodi e vuotatura).

By | 2018-05-23T13:36:39+00:00 May 31st, 2016|Education|0 Comments